amici degli amici:

Marina Setti
S.O.S RICCI!!!
Ci vivono accanto, ma li conosciamo molto poco.
Sono più antichi dei mammuth ma sempre più in pericolo. Per aiutarli,
una giovane biologa ha aperto un’oasi tutta per loro!
di Giorgia Rozza


T enero, irresistibile, dormiglione e… pungente! È il riccio, un piccolo mammifero un tempo molto comune sia in campagna sia negli orti e nei giardini ai margini delle città. Eppure, oggi, sono in pochi a conoscerlo davvero. Forse perché è molto più difficile godere della sua presenza visto che questa tenera creatura è sempre più minacciata. Insomma, lo “stress” della vita moderna ha messo in difficoltà anche lui che, piccolo e schivo com’è, non si mette certo in mostra per reclamare aiuto. Per fortuna, però, qualcuno si è preso a cuore il suo destino e ha deciso di dedicarsi alla sua protezione con amore, pazienza e scienza! Questo “qualcuno” è Marina Setti, una giovane biologa emiliana protagonista di un’avventura animalista entusiasmante e singolare. Forse la maggior esperta italiana di questo delizioso mammifero insettivoro, Marina Setti è la responsabile di un centro di recupero per i ricci sorto con l’aiuto del Wwf vicino a Reggio Emilia, tra i comuni di Reggiolo e Novellara.

Tanta organizzazione
Il centro S.O.S Ricci sorge in un’area protetta ed è un vero e proprio paradiso attrezzato, recintato e privo di pericoli dove gli animaletti malati o i piccoli rimasti orfani possono trovare tutto ciò che serve loro: assistenza veterinaria specializzata, un piccolo stagno, prati e cespugli, casette per la convalescenza e tanto buon cibo! Per sensibilizzare le nuove generazioni all’amore per gli animali, il centro si è dotato anche di un’area didattica dove le scolaresche in visita possono imparare a conoscere i ricci da vicino senza disturbarli. Marina è entusiasta di quest’ultima iniziativa: “Dopo due ore di osservazione dei ricci, anche i bambini più vivaci mantengono ancora un atteggiamento da “guardia svizzera” che neanche il più avvincente videogioco riesce a indurre!” Ma non è tutto: c’è anche una zona adibita al letargo monitorato, nella quale gli animali possono passare l’inverno controllati quotidianamente se, all’arrivo della stagione fredda, sono ancora troppo debilitati o sottopeso per essere reinseriti in natura.

Ritorno in natura
Lo scopo principale di Marina è far sì che questi simpatici animali possano, una volta guariti o cresciuti, riprendere in piena autonomia la loro vita selvatica nello stesso luogo dove sono stati trovati. Questo è molto importante perché i ricci sono creature dotate di un forte senso dell’orientamento e di un profondo attaccamento al territorio tanto che riescono a riconoscere i cespugli sotto i quali sono nati o vissuti semplicemente osservandone l’ombra! Se, invece, il luogo dove l’animaletto è stato soccorso è diventato ormai pericoloso o inagibile allora la liberazione viene effettuata nell’area protetta adiacente al rifugio.

Amore a prima vista
Ma come nasce l’amore di questa giovane donna per i ricci? Dopo la laurea in biologia e una carriera in alcune aziende farmaceutiche, Marina non è più riuscita a “tenere a bada” la sua passione per gli animali e ha iniziato a occuparsi di rapaci collaborando con la Lipu. È stato allora che il primo riccio si è messo sul suo cammino e, tenero e ispido insieme… ci ha messo poco a rubarle il cuore! Nel 2002 Marina viene a sapere che nel paese svizzero di Maggia era sorto un Centro di Cura per i  Ricci per opera di Alex Andina ed Elsa Hoffmann della Società Protezione Animali di Bellinzona.
Anche per loro, l’amore per questi animaletti era nato in modo del tutto imprevisto, grazie a un riccio di tre etti che in una gelida giornata d’inverno aveva deciso di “parcheggiarsi” davanti alla porta della loro cucina!

Consigli per difenderli
Fu così che Marina, dopo aver frequentato un corso di specializzazione nel Centro di cura di Maggia, decise che era tempo di portare in Italia l’esperienza che aveva maturato. Nonostante siano protetti dalla legge 157 del 1992 che ne vieta la caccia, nel nostro paese, infatti, i ricci sono molto poco considerati rispetto a quanto avviene nei paesi del Nord Europa, dove i centri di recupero per questi animaletti sono una realtà molto diffusa.
Insomma, in Italia, per i ricci non sono tutte rose e fiori: le insidie si nascondono dappertutto. Se le automobili sono la prima causa di morte, anche la diffusione delle monocolture e dei pesticidi ha fatto la sua parte. Ma tanti pericoli mortali si nascondono anche nel nostro giardino! Per aiutare i ricci e regalar loro una vita un po’ più serena Marina ha tanti consigli da darci: ascoltiamola!

Precauzioni in giardino
Anche se amiamo le piante esotiche, non trasformiamo il nostro giardino in un angolo tropicale che non attirerebbe gli insetti “nostrani”, la principale fonte di sostentamento del riccio. Stiamo molto attenti ai decespugliatori che li feriscono mortalmente e, quando bruciamo i cumuli di foglie o di rami secchi, controlliamo sempre che sotto non abbia trovato il suo rifugio uno di questi animaletti. Anzi, se vogliamo fargli un favore, non teniamo il giardino troppo pulito dai “rifiuti” naturali: se lasciamo a sua disposizione una fascina di rami, lo invoglieremo a crearsi propriò lì la sua tana dove, magari, potrà far nascere e allevare i piccoli in tranquillità! Andiamoci piano con i diserbanti che per i ricci sono un vero veleno: nella migliore delle ipotesi finiscono con l'intossicarli.

Pericolo acqua
Anche tombini, pozzetti, fontane e piscine sono delle vere e proprie trappole! Cerchiamo sempre di coprire il nostro specchio d’acqua con una griglia o, almeno, di montare semplici scalette di risalita.  I ricci sanno nuotare ma non sanno uscire dall’acqua! Anche le recinzioni sono un pericolo: posizioniamole ad almeno quindici centimetri da terra. Eviteremo così che il nostro nuovo amico rimanga impigliato con i suoi aculei! Attenzione anche al capanno degli attrezzi: il riccio è agile e riesce a infilarsi in fessure molto strette. Siccome ama i luoghi riparati, potrebbe decidere di trascorre le ore di luce lì dentro: facciamo attenzione quando apriamo la porta o spostiamo vanghe e rastrelli. Infine, facilitiamogli la vita lasciandogli un piattino d’acqua durante la stagione estiva: Marina ci tiene a dire che sono tanti i ricci che muoiono di sete o arrivano al centro in gravi condizioni di disidratazione.

Curiamo un orfanello
La mortalità dei piccoli fino allo svezzamento è altissima: raggiunge addirittura il 70 per cento! Trovare un cucciolo di pochi giorni lasciato solo e volerlo aiutare è automatico ma attenzione! Prima di toccarlo aspettiamo qualche ora per accertarci che la sua mamma non torni. Se lo toccassimo e poi la madre tornasse, lo rifiuterebbe perché sentirebbe su di lui il nostro odore. Solo quando avremo la certezza che si tratta di un orfano preleviamolo delicatamente e portiamolo a casa.
La cosa più giusta da fare è portarlo immediatamente dal veterinario, perchè il “fai da te in questi casi è molto pericoloso. Nell'attesa, teniamolo al caldo: la temperatura dell’ambiente deve essere intorno ai trentacinque gradi. Una boule d’acqua calda avvolta da un maglione da mettere nella sua cuccia (una scatola di cartone) andrà benissimo!

Il latte giusto
Se decidiamo di ospitarlo per qualche tempo in attesa di trovargli una sistemazione idonea dobbiamo chiedere alla polizia provinciale il permesso provvisorio di detenzione per cura: si tratta di un animale selvatico tutelato dallo Stato e non di una creatura domestica!
Per quanto riguarda la sua alimentazione, facciamoci consigliare dal veterinario il tipo di latte artificiale giusto per lui. Si tratta di uno specifico surrogato di latte per cagnolini a bassissimo contenuto di lattosio. Il latte di mucca, ma anche il normale latte per lo svezzamento di cani e gatti, procurerebbe all'orfanello una gastroenterite fatale. Nutriamolo ogni tre ore con qualche goccia di questo specifico latte tiepido.

Un libro per convivere
Per stimolare le funzioni fisiologiche del piccolo, massaggiamogli il pancino delicatamente con un dito inumidito di olio di oliva o di mandorle. Solo a partire dalla quarta settimana (il veterinario ci aiuterà a stabilire l’età) possiamo svezzarlo utilizzando un po’ di pappa per gatti ammorbidita in acqua tiepida. E poi? Se fa parte di una nidiata primaverile possiamo lasciarlo libero mentre se è nato a settembre o ottobre accertiamoci che pesi almeno 500 grammi, altrimenti non avrebbe le riserve di grasso sufficienti per sopportare il periodo del letargo invernale. In questo caso, dovremo “rassegnarci” a farlo svernare in casa godendo per qualche mese della sua compagnia! In entrambi i casi, per avere consigli su come convivere con lui tra le quattro mura di casa o su dove liberarlo, una buona idea è… contattare Marina! Stavamo dimenticando… tra poco i suoi consigli li troveremo anche in libreria: sta per uscire la sua prima opera sui suoi amici con gli aculei. Il titolo? “Il Riccio - Ci sono anch’io!”

Box

Ecco chi sono
M ammifero plantigrado di abitudini notturne, il riccio europeo  è  attivo  in  primavera e in estate.  In autunno si costruisce la  tana  e  cade  in  letargo.     Il metabolismo rallenta  e  la  temperatura  corporea  scende sotto  i  dieci  gradi:  fino alla  primavera  successiva  trarrà   nutrimento solo dalle  riserve  di  grasso  accumulate   lungo  l’estate  precedente.   Lungo 25-30 cm e alto 15,  pesa dai  400 grammi al chilo e mezzo  a  seconda delle  stagioni.  Dorme 18 ore di giorno sotto i cespugli o in luoghi riparati ed è attivo 6 ore di notte. Si nutre prevalentemente di lumache, scarafaggi e larve. Il dorso e i fianchi sono ricoperti da aculei leggeri, resistenti e acuminati, lunghi dai due ai tre centimetri.   Sulla  testa e sul ventre,  invece, ha peli rigidi  di  colore  bruno chiaro.   Ha  musino  appuntito  e  robusti artigli  al  termine delle zampine  fornite  di  cinque dita.   Il periodo degli amori va da aprile a settembre:  durante questi mesi   il  maschio  corteggia  la femmina  urtandola delicatamente con la testa  ed  emettendo  fischi  sonori.    Dopo  quattro settimane di gestazione,  nascono da  tre a  sette  piccoli  ciechi  e  sordi.   Quando   non  è  tranquillo  cammina   trotterellando e  quando  è  proprio  in pericolosi  appallottola su se stesso rizzando tutti gli aculei.

Due modi in cui possiamo aiutarlo
a) Se nel nostro giardino c’è uno specchio d’acqua, fontana, piscina, vasca o stagno che sia,facciamo molta attenzione! Capita frequentemente che i ricci muoiano annegati e non perchénon sanno nuotare ma perché non riescono a uscire dall’acqua se manca un punto d’appoggioper la risalita. Per questo, basterà posizionare un’assicella di legno che dal fondo della vasca salga fino al bordo: il riccio è un abile arrampicatore!
b) Possiamo decidere di costuirgli una casetta di legno per il letargo o il riposo diurno: diventeremo i suoi architetti di fiducia! È sufficiente una “stanza” di 40 x 40 centimetri con un’apertura di 10-12 centimetri che non consenta al cane o ai gatti di entrare. Il nostro piccolo ospite provvederà comunque ad “arredarla” con erbe, rametti e altri vegetali. Se forniremo la casetta di un piattino contenente acqua fresca e di qualche croccantino per gatti, un po’ di carne cruda, camole della farina e qualche pezzetto di mela o banana, il nostro nuovo amico non ci lascerà più!

Sono da soccorrere se…
sono attivi durante il giorno (perché in stato di benessere durante le ore di luce dormono); li troviamo mentre vagano da ottobre ad aprile quando, se stessero bene, dovrebbero essere in letargo;
all’inizio dell’autunno non raggiungono il mezzo chilo di peso (non hanno le riserve di grasso sufficienti a superare l’inverno); sono cuccioli assaliti da mosche o vagano ad occhi chiusi


Per aiutare gli amici di Marina
Il centro di Marina deve affrontare molte spese per curare gli amici con gli aculei!   Se vogliamo aiutarla possiamo fare un versamento, anche piccolo, sul conto intestato a:
SOS RICCI         CREDITO EMILIANO (CREDEM dipendenza 023-66440)     
CC    010000006970
ABI   03032
CAB  66440
CIN   P

 

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